La calda estate dei festival siciliani

Agosto si avvicina e così anche le agognate vacanze. Per chi rimane nell’isola o per chi intende raggiungerla una buona notizia: di anno in anno l’offerta di festival di cui è possibile godere andando in giro lungo la trinacria nel periodo estivo aumenta. Primi fra tutti quelli dedicati alla musica. Si va da realtà ormai consolidate come l’Ypsigrock di Castelbuono, il NIM Nuove Impressioni di Alcamo a quelli di età più recente come il Mish Mash di Milazzo, di sapore casalingo e genuino come il Sincero Festival di Palazzolo Acreide  o festival itineranti che fanno tappa in Sicilia come il Raduno Mediterraneo di Jazz Manouche che anche quest’anno si svolgerà a Petralia Sottana. Poi ci sono i festival dedicati all’arte, intesa come arte di strada nel caso del Valdemone Festival di Pollina o street art nel caso di Festiwall a Ragusa. Non mancano nemmeno le iniziative che guardano in modo particolare al territorio come il festival organizzato da Periferica a Mazara del Vallo o che promuovono iniziative e interventi artistici come strumenti di riflessione sui centri storici e sulle periferie della propria città come il Cufù Festival di Castrofilippo o Pixel Urbani di Cammarata. Diversi sono poi i festival dedicati al cinema come il festival internazionale del cinema di frontiera di Marzamemi o il Visioni Notturne Sostenibili di Gibellina incentrato sul cinema documentario o ancora il piccolo ma gustoso Animaphix di Bagheria rivolto al cinema d’animazione (non citiamo il Sicilia Queer Film Fest di Palermo e il Sicilia Ambiente Documentary Film Festival di San Vito Lo Capo solo perché già passati). Infine non vanno dimenticate le iniziative dedicate alle danze e musiche tradizionali come il Taranta Sicily fest di Scicli o il Festival delle Tradizioni Popolari di Petralia Sottana.

Con Marco e Mauro, compagni di avventura nella redazione di Street Art in Sicilia: guida ai luoghi e alle opere, abbiamo avuto la possibilità di conoscere da vicino alcune di queste realtà. Si tratta spesso di festival organizzati da gruppi di giovani, altamente qualificati che cercano di spendere al meglio le proprie competenze, spesso maturate fuori dall’isola, per valorizzare i loro territori di provenienza. Dietro l’organizzazione di un piccolo evento dunque tanta passione ma anche fatica nel dialogare con le amministrazioni cercando di portare piccole innovazioni nelle politiche locali e grande impegno volto a trovare sponsor e finanziamenti in una terra in cui la cultura dell’investimento in cultura è ancora troppo poco sviluppata.

Non sapete da dove cominciare visto l’imbarazzo delle scelta? Ebbene ecco i consigli della casa.

Se i primi di agosto vi trovate nell’agrigentino non perdetevi il Cufù Festival di Castrofilippo dall’1 al 7 agosto, che unisce in maniera accurata musica, arte e intervento urbano. Il paesino ospita

cufù2017

appena 3000 anime e proprio da questo nasce il nome dell’iniziativa che riprende l’espressione siciliana “cu fù?” (chi fu?) volta a sottolineare l’intento del festival di rianimare la piccola cittadina e riattivarne i luoghi e le risorse. Il festival è alla sua quarta edizione e se negli anni precedenti ha avuto luogo nel centro storico del paese quest’anno ha deciso di spostarsi su un’area un po’ più periferica delimitata dal complesso delle case popolari di via Bonsignore. Il festival ospita ogni anno interventi di arte urbana e quest’anno è la volta del collettivo Sbagliato, progetto artistico nato nel 2011 da tre architetti e designers romani, uniti dal desiderio di generare un’interferenza nel tessuto urbano, capace di catturare l’attenzione del passante per stupirlo e stravolgere la sua percezione dello spazio.
Se invece vi trovate nella parte più occidentale dell’isola potete invece approfittarne per fare un salto al festival di rigenerazione urbana organizzato all’interno del progetto Periferica a Mazara del Vallo dal 28 luglio al 6 agosto.  Il festival si articola in una summer school e una serie di iniziative culturali che hanno lo scopo di portare avanti la riflessione sul tema della rigenerazione urbana con particolare attenzione al luogoestremamente particolare nel quale si svolge: un’area dismessa di 3000 mq, composta da una cava di tufo e un ex asilo degli anni ’80.  Obiettivo del progetto Periferica è quello di rifunzionalizzare questo spazio rendendolo motore propulsore per nuovi processi di sviluppo e rigenerazione urbana per il

Screen Shot 2017-07-26 at 01.19.05quartiere Macello, nella prima periferia nord, e per il resto della città (un piccolo gioiello ancora poco conosciuto). Le lezioni della summerschool rivolte a studenti, le talk con professionisti provenienti da background diversi e gli altri eventi culturali che animano il festival vanno tutti in questa direzione: veicolare le migliori idee e spunti sul tema della rigenerazione urbana, formare nuovi professionisti e creare nuove reti di collaborazione tra studenti, giovani professionisti, studi professionali e realtà di produzione culturale ed artistica,imprese, istituzioni. Nell’edizione di quest’anno si parlerà di “Micro villaggio per Macro visioni”, sviluppando il tema dell’insediamento attraverso le tre parole chiave OspitareNutrireEmozionare.

Sia che vi trovate nell’entroterra agrigentino che verso il mare del trapanese non lasciatevi scappare l’occasione di conoscere queste realtà, avrete la possibilità di divertirvi ma anche di incontrare professionisti competenti e desiderosi di confrontarsi con idee e punti di vista diversi. Dunque non semplice intrattenimento ma anche serio impegno nella promozione del proprio territorio.

L’impegno e la responsabilità dell’estetica (Parte 2)

In questi giorni molti confronti e scontri si sono concentrati sull’estrema importanza (se non supremazia) che secondo Ciop&kaf possiede l’estetica delle immagini proposte da chi dipinge i muri di centri storici e città, di chi con colori e linee cerca di dare forma a particolari ossessioni personali che poi però inevitabilmente si mostrano nello spazio pubblico. È importante che non siano di “facile digestione” , che non ci si arrenda a ipocrite logiche consolatorie. “Ci si deve fare un po’ male a guardarle…”

Le immagini fin troppo inflazionate, la proposta di qualcosa che gli occhi di chi osserva si aspetta di vedere, rischiano di rendere sterili intenti artistici più istintivi, veri, autentici anche se magari meno comprensibili e immediati. Questa suggestione ci ha spinto ad affinare la riflessione su quello che un po’ succede nella nostra città e altrove, dove capita di camminare in quartieri complessi in cui opere commissionate e non hanno più o meno intenzionalmente cercato di riportare attenzione e luce su luoghi dimenticati. E poi ci stiamo chiedendo se le opere di street art debbano o possano davvero avere un intento di riqualificazione…in fondo in questi quartieri dove abbiamo camminato a brillanti colori e disegni sui muri si affiancavano con forza vivida condizioni abitative e di vita difficili, al limite, al confine. E allora se l’arte deve essere solo consolatoria, calata (anzi disegnata) sui muri delle proprie case priva di un progetto attorno più strutturato che sia davvero in relazione con chi vive quei luoghi, rispettandone anche la dignità e condizioni di vita, tutto rischia di diventare un parco giochi dell’arte di strada, forse un po’ inutile, sicuramente poco etico.

E anche se sull’utilità del dipingere in strada Ciop&kaf non lasciano spazio a dubbi affermando che di fatto tutto questo non serve, il loro lavoro non serve, o almeno non ha la funzione e la pretesa di produrre effetti sociali, se non la sola capacità di veicolare in forme e colori la profonda inquietudine e ossessione personale, noi crediamo che le azioni individuali e artistiche di questo tipo non possano non avere effetti sociali. Forse le immagini non avranno la forza di migliorare la vita di chi vive centri storici difficili come Napoli, Taranto e Palermo (sarebbe sbagliato pretenderlo) ma crediamo che progetti artistici compiuti come quelli di Ciop&kaf, continuativi e di autentica empatia con gli abitanti e gli spazi urbani abbiano la capacità di sprigionare energie sociali costruttive, di autoriflessione sulla propria condizione, e che questi effetti ineluttabili superino e siano fuori dal controllo delle intenzioni di un collettivo di artisti che non ha la pretesa di cambiare il mondo, ma forse proprio per questo, potrebbe riuscirci.

Mappe, percorsi, attraversamenti: Cyop&Kaf a Palermo, partendo da Napoli e passando per Taranto. (Parte 1)

Giorni intensi questi ultimi a Palermo in compagnia di Cyop&Kaf. Innanzitutto perché grazie al collettivo abbiamo conosciuto la bella realtà di Le Sciaje di Taranto, con cui abbiamo trovato tanti punti in comune nei modi di proporre e fare vivere la propria città a persone che vengono da fuori.

Poi, il confronto che tanto avevamo cercato c’è stato. Non solo durante la proiezione de “Il segreto” e della presentazione di “Taranto. Un anno in città vecchia” ma anche nel corso di due giorni di chiacchiere, a volte anche accese e taglienti, pasti condivisi e percorsi guidati (emotivi più che fisici) attraverso la città. Silenzi.

Cyop&Kaf (chi lo conosce un minimo lo sa) vuole rimanere al di fuori di etichette preconfezionate, spesso spiattellate con troppa facilità a destra e sinistra. Nel tempo trascorso insieme parole come “street art” e “riqualificazione” hanno quasi costituito dei tabù capaci di agitare gli animi. Per questo confrontarsi su quello che succede in città in questo momento non è stato facile. Eppure ne sentivamo il bisogno. Per il caso e l’entusiasmo con cui ci siamo avvicinate a questi temi, per la bellezza delle relazioni che si sono create, per i progetti che stiamo portando avanti, per il nostro intento fondamentale e sempre presente di osservare e conoscere la città.

Alla fine la magia dello scambio è avvenuta. E possiamo dire di averli salutati al porto (altra piccola magia la nave!) con qualche consapevolezza in più rispetto al loro lavoro e al modo in cui vogliamo portare avanti il nostro.

Ve ne proponiamo qualcuna.

[La potenza del dipingere sui muri della città]

E’ questa un’ipotesi, una pista che inseguiamo da un po’. E’ a partire da questa idea che abbiamo cominciato ad interessarci al dipingere in strada. In questo ci siamo trovati abbastanza d’accordo con Cyop&Kaf. Ma per loro non si tratta di lavoro umanitario, bensì di un’ossessione, che nasce da esigenze del tutto intime e personali oltre che da ricerca artistica. La potenza del segno lasciato sul muro vuole però che succeda sempre qualcosa, che si inciampi in situazioni e persone, scambi e scoperte. Fa parte del gioco. Tutto ciò però nasce non da volontà, ma da pura casualità. In parti di città dominate dal caos e dall’informalità, come i quartieri popolari dei centri storici, è irrealistico pensare di potere apportare un qualche cambiamento progettato e pianificato. Del resto anche i più recenti studi di urbanistica se ne sono resi conto da un po’. Volendo spingere all’estremo il ragionamento non solo è difficile pensare di realizzare in maniera efficace un qualsiasi intervento ma è persino complicato capire “cosa” fare per migliorare certe situazioni. Forse sarebbe necessario un atto di umiltà, fare un passo indietro rispetto all’idea di dovere prendere una posizione rispetto a cosa è meglio o peggio per un determinato luogo. Più onesto è abbandonarsi alla vita (o assenza di vita) di questi luoghi, alla loro profonda bellezza e al contempo durezza. O al massimo si può provare a raccontarli. Facendo grande attenzione però a non tradirli, con visioni stereotipate e abusate.

[L’importanza del racconto]

La cura del racconto è di certo una nuova consapevolezza di cui vogliamo fare tesoro. Non solo il contenuto, ma anche la forma in cui l’esperienza viene restituita ha la sua importanza. Questo perché inciampare in pezzi di città non vuol dire attraversarli in maniera sterile. Non un biglietto gratta e vinci che ti dà emozione nel momento in cui lo gratti e che subito dopo dimentichi. Piuttosto un’esperienza personale, frutto di una relazione intima che si stabilisce coi luoghi e le persone. Si tratta di piccoli “segreti” che di volta in volta si rivelano. Raccontarli male vuol dire tradirli e svilirli. Un po’ di pudore è quello che forse manca spesso nella restituzione di esperienze, azioni, osservazioni all’interno della città. I silenzi e le mancate risposte nei giorni trascorsi con Cyop&Kaf sono quelli che più di tutti ci hanno comunicato la profondità delle esperienze vissute nei Quartieri Spagnoli o nella città vecchia di Taranto.

[La necessità di trovare un nuovo linguaggio]

Per quanto detto sopra diventa fondamentale trovare il giusto modo di raccontare le cose. Il linguaggio per l’appunto. Trovare un nuovo modo di definire o raccontare le esperienze. Liberarsi dalle etichette permette di aprirsi a nuovi modi di comprendere la realtà (del resto è proprio per questo che proponiamo sguardi sempre diversi). La ripetizione e diffusione incondizionata di certi termini crea inevitabilmente un velo opaco sulle cose e sui luoghi che finisce per non comunicare più niente. Libri, articoli e giornali sulle periferie che usano sempre le stesse parole “chiave”: disagio, bisogno, degrado. Parole talmente abusate che finiscono per non dire più nulla, se non comunicare un latente senso di fastidio. Ricordano che le stesse situazioni si tramandano da tempo immemore, senza che nulla sia veramente cambiato.  Succede quando si parla di periferie, ma è un fenomeno che si allarga facilmente ad altri campi (come l’arte, street art, urban art, etc. etc.).

Ovviamente tutto ciò lo si può provare a spiegare, ma molto meglio sarebbe cogliere l’invito a perdersi delle mappe della città vecchia di Taranto o dei Quartieri Spagnoli di Napoli disegnate dal collettivo. Ogni punto sulla mappa è un dipinto, un pretesto. Dunque un invito a vivere la propria personale esperienza della città, in parte condividendo quella di altri. Infine agire, piuttosto che perdersi in inutili chiacchiere.